La spesa per l’assistenza domiciliare per molti può essere molto rilevante da un punto di vista economico (di fatto si tratta di prendersi a carico la spesa di “un dipendente” a tutti gli effetti) e sono quindi molte le famiglie che cercano di trovare una soluzione per poter spendere il meno possibile.
La difficoltà, però, non è “solo” legata ai soldi, ma anche al reale raggiungimento della soluzione al problema.
Di fatto, quando si decide di pagare per l’assistenza domiciliare ad un anziano lo si fa perché o la situazione sta cominciando a richiedere troppo tempo, oppure perché alcune tra le cose che bisogna fare per assisterlo iniziano ad avere un costo emotivo elevato, o anche perché ci si rende conto che è richiesta una certa competenza o esperienza che non tutti hanno.
Questo significa che per risolvere il problema non solo si dovrà sostenere un costo mensile, ma bisognerà anche trovare qualcuno che riuscirà ad espletare i compiti che si desidera delegare.
Le cose si complicano ulteriormente se la persona da assistere è particolarmente fragile o non è del tutto lucida.
Una badante, difatti, si paga per prima cosa con la fiducia, in quanto le viene affidata una persona importante e a cui si tiene.
Nel mondo dell’assistenza domiciliare la domanda più ricorrente è: ”chi bada alla badante?”. Tanto più il rapporto è deregolamentato, tanto più il “datore di lavoro” dovrà essere presente per assicurarsi che i compiti vengano svolti.
Badante qualificata: trovarla è difficile
La prima cosa, infatti, che bisogna considerare è che la percentuale di disoccupazione del personale qualificato nel settore dell’assistenza agli anziani e ai disabili è prossima allo 0.
Questo significa che se una persona ha:
- buone referenze;
- carichi pendenti e casellario giudiziale pulito;
- manualità;
- documenti in regola;
- padronanza della lingua;
può andare in qualsiasi cooperativa sociale, agenzia per il lavoro o interinale, e trovare un impiego “in regola” in massimo 2 settimane.
Per impegno in regola si intende:
- contratto con 13 mensilità + TFR;
- regolarità nella gestione della parte contributiva;
- orario di lavoro definito e gestione straordinari;
- diritto al riposo e alle ferie;
Questo significa che il pubblico di operatori che rappresenta la “prima scelta” è accessibile solo tramite canale ufficiale.
Per quale ragione una persona che ha le caratteristiche e l’esperienza necessarie per poter ottenere 1100€ netti al mese e in regola, ne dovrebbe accettare di meno e a nero?
È evidente, quindi, che se una persona accetta di lavorare a nero è perché ci sono delle ragioni ostative che le impediscono di accedere al settore ufficiale.
Queste ragioni possono essere:
- assenza di referenze;
- carichi pendenti e casellario giudiziale non pulito;
- mancanza di manualità;
- documenti non in regola;
- percezione di reddito di cittadinanza;
- cassa integrazione da altro impiego;
- percezione del sussidio di disoccupazione;
- mancata padronanza della lingua.
Va da sé che tanto più è bassa la cifra che una persona è pronta (e disposta) ad accettare, tante più cose della lista sopra possono riguardare il suo caso.
Oltre a ciò, bisogna considerare che ogni comunicazione tra la famiglia ed il badante a nero diventa probante.
Qualsiasi messaggio inviato tramite SMS o tramite WhatsApp, qualsiasi ricevuta, qualsiasi comunicazione dove si può evincere che la persona era subordinata alla famiglia può essere, successivamente, utilizzata per poter fare vertenza alla famiglia.
Tanto più è bassa la cifra che si è pagata prima, tanto più sarà alta la cifra che sarà richiesta dopo.
Badante a nero: come può fare vertenza?
Alcune famiglie pensano che le badanti che lavorano a nero non dispongano della cifra necessaria per poter affrontare una causa legale.
La verità è che, per la badante, è sufficiente recarsi a qualsiasi sportello badante o sindacato per poter avviare un dialogo con un avvocato specializzato nel settore, che, per prima cosa, valuterà quanto si potrà richiedere poi se la famiglia dove ha lavorato è solvibile (immobili di proprietà, risparmi in banca, tipologia di reddito) ed alla fine andrà ad introdurre un giudizio per ottenere l’importo massimo da richiedere sulla base delle violazioni che ha constatato.
Per dare un’idea, una badante che ha lavorato a nero per un periodo di 6 mesi, da convivente, può facilmente costare in un giudizio 2500€ per ogni mese, quindi 15000€.
Per trasparenza e onestà, va anche precisato che questa tipologia di cause, per gli avvocati, sono di facile realizzo, in quanto i giudici che decidono si esprimono a favore del lavoratore subordinato (e quindi contro il datore di lavoro) nella stragrande maggioranza dei casi, forti del fatto che l’aver retribuito a nero una persona è un comportamento vietato dalla legge.
Di quei 15000€ riportati nell’esempio sopra, di solito una congrua parte va all’avvocato.
Badante a nero: la gestione dei periodi di prova
Un altro aspetto non secondario è che, con un rapporti di lavoro in nero, la gestione dei periodi di prova diventa molto difficile.
Nell’assistenza domiciliare la fase più critica è quella dell’instradamento e dell’inserimento della risorsa in famiglia. Questa fase, anche quando è gestita da operatori di livello, ha un KO statistico del 30%.
Questo significa che entro 60 giorni l’assistito rifiuterà comunque l’operatore, a prescindere dalla sua effettiva validità.
Nel caso in cui la persona presa in prova venga mandata via, lo scenario più comune è comunque quello della vertenza.
Certo, 1 o 2 mesi, possono rappresentare una richiesta di soli 2500 o 5000€, che con un bravo avvocato possono essere ridotti anche della metà, ma di fatto è corretto dire che il vantaggio di prendere una persona a nero sia comunque svanito. La soluzione dell’assitenza al proprio caro non è stata raggiunta ed il problema sarà addirittura aggravato.
Noi di Sant’Anna abbiamo parlato con famiglie che hanno tenuto per 3 anni la badante a nero. Quando l’hanno mandata via, perché in alcuni casi l’assistito era stato trasferito in casa di riposo ed in altri deceduto, si sono viste arrivare vertenze da oltre 100.000€, non trovando altra alternativa che accordarsi sulla cifra da pagare.
Bisogna sempre ricordare che siamo nell’era di internet e oggi le informazioni sono facilmente reperibili per chiunque.
Sappiamo anche che molte badanti, consapevoli dei vantaggi che si possono ottenere dal lavoro a nero, cercano datori di lavoro pronti a mettersi in questa posizione di svantaggio.
Abbiamo sentito di badanti che fanno oltre 2 vertenze all’anno e che puntano più sulla vertenza che sul lavoro.
Alla fine è semplice: una badante trova facilmente un lavoro a nero ed accetta un compenso molto basso di cui, però, si assicura di lasciare traccia scritta.
Resiste in quel posto di lavoro per 3 o 4 mesi, dopo di che coglie la prima opportunità e va via, fa scrivere dall’avvocato ed ecco lì che ha creato i presupposti per poter richiedere circa 10.000€.
Ripete il procedimento un’altra volta nel corso dell’anno, lavora 6 mesi, incassa lo stipendio a nero ed in più circa 14.000€ netti.
Essendo questo un fenomeno antipatico per le famiglie, ma sempre più diffuso, chiunque decide di retribuire una badante a nero si mette in un’importante posizione di rischio, dove la badante gode di tutte le tutele di legge e la famiglia di nessuna.
La cosa può diventare ancora più grave se l’assistito, che casomai soffre di Alzheimer, diventa violento con l’operatrice che lavora a nero.
In tal caso, anch’esso abbastanza comune, alla vertenza viene accompagna anche una denuncia che, solitamente, ha conseguenze penali.
Ora che i rischi e le conseguenze di assumere una badante in nero sono chiari, consigliamo di seguito gli unici modi che esistono per evitare che quanto abbiamo scritto possa verificarsi.
Cosa fare per non correre rischi?
Per prima cosa è bene chiarire che assumere una badante direttamente, per un servizio di assistenza completo, la spesa è di 1500€ al mese, ma potrebbe essere di più come di meno.
Assumere direttamente vuol dire farsi carico di tutti i doveri del datore di lavoro, tra cui dedicare del tempo per:
- seguire la parte contabile e retributiva;
- gestire orario di lavoro e segnare straordinari;
- accantonare TFR e gestire pratiche di chiusura;
- supervisionare attivamente l’operato del badante.
Va anche considerato che quando si assume direttamente si rispondi in modo illimitato in termini di responsabilità e con tutto il proprio patrimonio.
Che significa? Una cooperativa sociale, ad esempio, non risponde con il capitale dei soci lavoratori. Una SRL risponde limitatamente al capitale che ha versato.
Una codice fiscale risponde, invece, con tutti i beni che ha collegati che fanno da garanzia, il più delle volte inconsapevole, a tutto ciò di cui si decide di prendersi carico.
Questo significa che se il datore di lavoro è l’assistito e quest’ultimo dispone di un patrimonio personale (tra immobili e disponibilità) di circa 300.000€, risponderà limitatamente al capitale di cui dispone (i 300.000€).
Se il datore di lavoro, invece, è una SRL che ha un capitale sociale di 10.000€, risponderà limitatamente al capitale sociale che ha versato (10.000€).
Se, invece, il datore di lavoro è una cooperativa sociale, risponderà limitatamente alle omissioni verso il singolo socio lavoratore in misura limitata al capitale sociale disponibile in cooperativa (solitamente 250€ moltiplicato il numero di addetti presenti in visura).
Va tenuto anche presente che quando il datore di lavoro è la famiglia, l’importo che la badante può richiedere in caso di vertenza si riduce moltissimo, ma non si azzera del tutto.
Questo accede perché per portare il rischio a zero bisogna rispettare al 100% il mansionario del contratto di lavoro fatto ed evitare di fare qualsiasi tipo di straordinario, o di non far godere riposi e ferie.
Per la nostra esperienza è davvero complicato riuscirci, visto che, di solito, l’assistito tende a peggiorare nel tempo e a creare più situazioni di emergenza, che rendono sempre più difficile riuscire a rispettare la pianificazione.
Per evitare qualsiasi tipo di pensiero, invece, si può scegliere scegliere di rivolgersi ad una cooperativa sociale, che, oltre a farsi carico di tutte le responsabilità, mette a disposizione della famiglia un supervisore che si occuperà di tutti gli oneri, compreso la gestione delle sostituzioni e delle ferie.
Optando per questa soluzione, il budget previsto per l’assistenza completa è di circa 2000€ al mese, ma mette al riparo la famiglia da qualsiasi contestazione, da problemi di copertura del servizio e da qualsiasi problema di gestione dell’assistito.
Con una cooperativa come Sant’Anna 1984, i più fragili sono in buone mani.