7,3 milioni, donne, per la maggioranza (60%) disoccupate: sono i dati Istat più aggiornati, che fotografano l’Italia dei caregiver familiari ovvero di quelle persone che assistono a tempo pieno ed a titolo gratuito un proprio parente anziano.
Non si tratta solo di un impegno personale ma di un ruolo cui va riconosciuta rilevanza per la società tutta. I caregiver familiari infatti colmano a tutti gli effetti una lacuna assistenziale del settore pubblico. Solo alcune regioni (come l’Emilia Romagna) hanno prodotto riconoscimenti legislativi e tutele verso questa figura, sempre più importante nei paesi a prevalenza anziana come il nostro e che, come il nostro, si avviano verso un futuro con un indice di vecchiaia in aumento costante.
Delle buone intenzioni del legislatore ci fanno però temere alcuni segnali d’allarme, come il fatto che durante l’emergenza causata dal Coronavirus nessun bonus è stato riconosciuto ai caregiver familiari.
Tra i requisiti del caregiver familiare rientra l’assistenza diretta e indiretta. La prima consiste in cure primarie come la preparazione e la somministrazione dei pasti, la vestizione, il sostegno nella deambulazione, la vigilanza sul piano farmacologico, ecc. Assistenza indiretta è, invece, il disbrigo delle questioni amministrative e burocratiche che riguardano l’assistito.
In attesa della legge sul caregiver familiare…
È ancora sconcertante per noi dover segnalare che gli assistenti familiari sono allo stato attuali privi di riconoscimento da parte della legge, non solo nel senso che non è mai stato definito giuridicamente il significato del ruolo sociale del caregiver familiare in un provvedimento dedicato, ma soprattutto nel senso che non esiste alcuna tutela di tipo previdenziale.
Per la verità una definizione è stata tentata con la legge di bilancio 2018, che ha istituito un “Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare”, valevole per gli anni 2018, 2019 e 2020. Si legge nel provvedimento che il caregiver familiare è “la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18”.
Segnaliamo che il fondo della legge di bilancio 2018, destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi di riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura del caregiver, è stato utilizzato solo in parte. La legge di bilancio 2021 ha istituito un nuovo fondo, con una dotazione di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023.
Sembra, insomma, che anche queste iniziative siano destinate a fallire se non si agisce prima su un fronte più globale e non necessariamente assistenzialistico.
Attualmente il quadro normativo relativo a questa figura sociale e professionale di importanza determinante nel nostro paese comprende soltanto la legge n. 104/1992 e il decreto legislativo n. 151/2001.
La prima, come molti dei nostri lettori sapranno, include una serie di misure a sostegno delle persone affette da disabilità. Tra le agevolazioni è previsto un permesso retribuito di appena 3 giorni per chi presta assistenza, concesso solo nel caso in cui la persona assistita non sia ricoverata presso una struttura. A questo si aggiunge, esclusivamente per il caregiver familiare che assiste un disabile grave, la possibilità di beneficiare di un congedo straordinario e retribuito della durata massima di due anni.
Caregiver familiare: come fare domanda?
In assenza di una legge che tuteli il caregiver familiare non è possibile presentare alcuna domanda per ottenere un riconoscimento del proprio lavoro nell’assistenza ad una persona non autosufficiente.
Si possono però proporre le domande relative all’ottenimento dei benefici previsti dalla 104. A questo proposito è quindi necessario procedere prima con la domanda per il riconoscimento della condizione di disabilità grave dell’assistito (presso l’Inps) e solo in seguito ci si rivolgerà al proprio datore di lavoro per il godimento dei permessi.
Per quanto riguarda invece i requisiti richiesti al caregiver familiare per accedere all’ipotetico bonus di cui si disquisisce dalla scorsa legislatura (ma che non è mai diventato legge), questi erano:
- essere figlio, coniuge o parente entro il terzo grado convivente con un familiare non autosufficiente di almeno 80 anni di età;
- avere un reddito Isee inferiore ai 25.000 euro.
Il bonus consisterebbe in una detrazione fiscale o in un contributo in denaro, a seconda della situazione reddituale del richiedente. Altre misure eventualmente considerate dal Testo Unico potrebbero essere la possibilità della pensione anticipata, telelavoro, ferie e permessi di vario tipo, priorità nell’accesso ad alcuni servizi.