La diffusione del Covid-19 ha imposto alla categoria più fragile e più a rischio della popolazione di dover scegliere tra l’isolamento in casa e la libertà di uscire con il pericolo di contrarre una patologia potenzialmente letale.
Le restrizioni imposte dalla pandemia sono state dure per tutti, ma la tecnologia, attraverso gli smartphone e i social media, è riuscita a dare un minimo di sollievo alle persone più digitalizzate, possibilità che è stata del tutto o in gran parte assente per le persone anziane.
Il distanziamento fisico ha stimolato l’uso di servizi online per mitigare la solitudine, ma proprio tra le persone che ne avrebbero beneficiato di più l’utilizzo è stato molto ridotto, a causa del diffuso analfabetismo digitale tra gli anziani.
Le fasce più anziane della popolazione hanno quindi dovuto combattere non solo con una brutta minaccia di malattia, ma anche con un triste e pericoloso isolamento, che ha rappresentato e rappresenta un fattore di rischio importante per i soggetti affetti da problemi psicologici come ansia e depressione.
Essere costretti tra le mura domestiche può infatti provocare un generale declino cognitivo che, sommato alla mancanza di movimento, può tradursi in complicanze sul sistema cardiovascolare, sul sistema nervoso e anche sull’attività respiratoria.
Può inoltre presentarsi un’alterazione del sonno, con conseguente compromissione dell’attività mnemonica, della capacità di concentrazione e di controllo emotivo.
Agitazione, aggressività, apatia e indifferenza hanno registrato il loro picco più alto in questo preciso momento storico, cosa che evidenzia quanto può essere dannoso condurre la propria vita in solitudine, ancora di più se parliamo di soggetti anziani e patologici.
La pandemia ha dunque accentuato problematiche psicologiche e sociali già esistenti, come ad esempio l’ageismo, ma ha anche introdotto nuovi rischi legati all’aumento della mortalità e alle limitazioni all’accesso ai servizi primari.
L’invecchiamento e l’importanza dei contatti sociali
Se da una parte tutte le misure di sicurezza prese sono state finalizzate a salvaguardare e proteggere dal contagio soprattutto le categorie più a rischio, come gli anziani, è vero anche che la separazione dai familiari può comportare conseguenze preoccupanti.
La rete delle relazioni familiari svolge un ruolo fondamentale nella qualità di vita dell’anziano, perché incentiva uno stile di vita attivo e dinamico, ma risponde anche al bisogno di protezione e sicurezza.
La mancanza di questo contatto può compromettere la salute degli anziani e il loro senso di tranquillità; la separazione dalle relazioni può dunque essere considerata una condizione preoccupante sia da un punto di vista psicologico sia da un punto di vista fisico.
Non sorprende quindi che le limitazioni imposte per il contenimento del contagio abbiano stravolto in generale la vita di tutti, ma che abbiano avuto effetti di gran lunga più pesanti sugli anziani.
Per questi soggetti in età avanzata, una simile quantità di stressa da gestire può dare luogo ad una serie di eventi psichiatrici avversi come ansia, depressione e disturbi del sonno.
Se è vero che tutte le fasce d’eta sono state penalizzate in termini di equilibrio psico-fisico, non bisogna dimenticare che il contatto umano e la possibilità di svolgere attività motoria e cognitiva negli anziani sono collegati in modo diretto con l’aspettativa e la qualità di vita.
In molti casi, poi, il lockdown non ha fatto altro che esasperare una problematica purtroppo già presente per molti anziani.
La solitudine degli anziani nelle RSA
Spesso si tende ad associare le residenze per anziani ad un’idea di minore solitudine. In generale non è così e, a causa delle restrizioni in atto, lo è ancora meno.
Le strutture residenziali sociosanitarie hanno dovuto attuare specifici protocolli al fine di tutelare la salute fisica degli anziani e preservarli dall’imminente rischio infettivo.
È stato perciò necessario interrompere i contatti con l’esterno, con i parenti e con gli amici, andando a peggiorare ulteriormente un quadro che, già di per sé, colloca l’anziano in una situazione di grande solitudine.
Gli operatori si sono ritrovati ad assistere ad uno spettacolo davvero drammatico, confrontandosi con i decessi non solo causati dall’infezione da Covid-19, ma anche dall’isolamento protettivo a cui sono stati sottoposti gli anziani.
La solitudine, infatti, è un fattore che incide in modo molto negativo su patologie psichiche, come ad esempio la demenza senile, ma anche su quelle cardiovascolari.
In una popolazione fragile e in larga misura instabile è quindi aumentato il rischio di peggioramento di patologie di tipo organico e, con esso, la conseguente possibilità di un decadimento psico-emotivo.
Assistenza domiciliare per anziani: il rimedio per alleviare la solitudine
Tutti sono concordi nell’affermare che l’isolamento è stato ed è ancora il mezzo più potente per proteggere le fasce più fragili da un’infezione che può rivelarsi letale per gli anziani. Come abbiamo visto, però, l’isolamento ha prodotto conseguenze altrettanto gravi sulla vita degli anziani, sia quelli che abitano da soli che quelli ricoverati nelle RSA.
Del tutto diversa è stata invece la condizione dei pazienti seguiti da operatori e badanti in regime di assistenza domiciliare. Con questa modalità di assistenza, gli operatori hanno potuto continuare ad occuparsi non solo del benessere fisico dei loro assistiti, ma anche di quello psicologico.
Pur in una situazione di disagio, questo ha mitigato in larga misura la solitudine, consentendo agli anziani di poter avere un contatto umano con una persona di fiducia.
Naturalmente alla base di questo sistema c’è la salvaguardia della salute dell’assistito e dell’operatore, con ogni mezzo a disposizione.
In Sant’Anna 1984 abbiamo dato la massima priorità a questo aspetto, istruendo gli operatori sul comportamento da tenere per ridurre i rischi di contagio, dotandoli di tutti i dispositivi di sicurezza e sottoponendoli a tampone con cadenza regolare.
In molti casi, ricorrere all’assistenza domiciliare è stata una scelta che ha protetto gli anziani sotto più di un punto di vista, consentendogli di attraversare le fasi peggiori dell’epidemia con minori rischi, sia fisici che emotivi.
Il punto di forza dell’assistenza domiciliare è infatti il totale focus sul benessere dell’anziano, con l’obiettivo di supportarlo nella quotidianità e nello svolgimento delle sue abitudini giornaliere.
Si tratta di un ruolo delicato, che i nostri operatori portano avanti con grande responsabilità, dal momento che dal loro lavoro dipendono sia il benessere fisico che psichico dell’assistito.
In quest’ottica l’assistenza domiciliare è stato il metodo assistenziale che ha prodotto i risultati migliori nel corso della pandemia, in particolar modo se paragonato alle condizioni delle RSA o di chi vive da solo.
Alla luce di questa esperienza, che è stata illuminante, seppur con un costo altissimo, per molti, sono sempre di più le famiglie che optano per questo metodo di assistenza, perché sanno di poter offrire ai propri cari tutto ciò di cui hanno bisogno per vivere una vita serena e dignitosa.