L’Alzheimer è una malattia per cui ad oggi non esiste un farmaco, che comporta una progressiva perdita della funzione mentale con degenerazione del tessuto cerebrale, in cui si verifica l’accumulo di una proteina chiamata beta-amiloide.
L’Italia si posiziona all’ottavo posto tra i paesi con il maggior numero di persone affette da questo morbo: se ne contano oltre 600.000.
È molto raro riscontrare la demenza di Alzheimer prima dei 65 anni, poiché diventa più frequente con l’avanzare dell’età.
Il suo decorso è lento e cambia da persona a persona, con una media di vita che può variare tra gli 8 e i 10 anni dopo la sua diagnosi.
La domanda che sorge spontanea a chiunque si ritrovi faccia a faccia con questa malattia è: esiste un modo per contrastare l’Alzheimer?
Ne parliamo in questo articolo.
Alzheimer: l’approvazione del primo farmaco contro la malattia
Per rispondere alla domanda iniziale, sì: oggi possiamo dire che esiste un farmaco in grado di contrastare l’Alzheimer.
Dopo 20 anni di lunghe ricerche, infatti, la FDA (Food and Drug Administration) ha approvato il farmaco Aduhelm (meglio conosciuto con il suo nome generico, Aducanumab).
L’approvazione di questo farmaco ha rappresentato un grande passo avanti per la medicina, oltre alla speranza di guarigione per tutti i malati di Alzheimer.
Il compito di questo primo farmaco è quello di intervenire in modo diretto sulle cause della malattia, rallentando il suo decorso.
Una terapia innovativa che agisce sui meccanismi fisiologici che causano il morbo attraverso un’iniezione endovenosa una volta al mese.
Ad ogni modo, per il momento, la terapia viene somministrata solo ai pazienti che si trovano in uno stadio di demenza iniziale.
La terapia per l’Alzheimer come il “sacro Graal” della medicina
Negli anni, i tentativi di sviluppare una terapia contro l’Alzheimer sono stati molteplici: circa 400 fallimenti di test clinici sull’uomo.
Si è pensato persino di prendere in considerazione l’idea di abbandonare del tutto la ricerca in questo campo.
Lo stesso test di Aducanumab era stato considerato fallito in un primo momento, prima che ulteriori studi e analisi dimostrassero un certo beneficio sulla malattia al suo stadio iniziale.
Paolo Maria Rossini, responsabile del Dipartimento di Scienze neurologiche e riabilitative dell’IRCCS San Raffaele Roma, ha dichiarato infatti che Aducanumab non è adatto a tutti i malati di Alzheimer.
Il motivo è legato al fatto che, nonostante sia in grado di interferire con la proteina beta-amiloide, il farmaco potrebbe scatenare diversi effetti collaterali, come micro-emorragie cerebrali.
L’approvazione di questo farmaco ha permesso di aprire nuove aspettative di cura per i milioni di pazienti in tutto il mondo che soffrono di questa grave patologia.
Il farmaco è stato approvato avvalendosi del percorso di approvazione accelerata, che può essere utilizzato nel caso in cui un trattamento per una malattia grave o letale è in grado di fornire vantaggi terapeutici significativi rispetto ai trattamenti esistenti.
Dal momento che, ad oggi, tutte le terapie disponibili trattano soltanto i sintomi, Aducanumab risulta essere il primo trattamento approvato per rallentare la progressione della malattia.
Alzheimer: come comportarsi con gli anziani
A prescindere dal farmaco o meno, per rendere il decorso della malattia meno pesante possibile, è possibile mettere in campo delle piccole accortezze per aiutare la persona affetta da Alzheimer.
Il primo passo è di certo quello di assicurargli un supporto ottimale, anche se spesso non è facile.
Un aspetto fondamentale da considerare riguarda l’organizzazione dell’abitazione, che deve essere curata il più possibile per consentire l’autonomia dell’anziano.
In particolare, bisogna eliminare tutti gli oggetti e le situazioni che possono facilitare il rischio di caduta o di trauma, favorendo spazi di supporto specifici come appoggi sicuri in bagno e lungo le scale.
È necessario controllare anche che sedie, divani e poltrone siano stabili, non troppo bassi e privi di cuscini che possono mettere in pericolo l’anziano.
Inoltre, bisogna prestare particolare attenzione a stress e traumi: l’anziano affetto da demenza soffre qualsiasi cambiamento di luogo e di abitudine, motivo per cui bisogna cercare di lasciarlo il più possibile in un ambiente familiare.
Di conseguenza, in situazioni come queste è molto più consigliata l’assistenza domiciliare rispetto al ricovero in struttura, così da salvaguardare l’orientamento spazio-temporale che, altrimenti, produrrebbe effetti negativi sulla funzionalità dell’anziano.
Inoltre, è molto utile promuovere e assecondare, per quanto possibile, l’attività fisica.
Una buona idea è quella di proporre all’anziano passeggiate all’aria aperta in diverse ore della giornata, per facilitare e regolare il ciclo sonno-veglia.
Infine, anche la comunicazione svolge un ruolo di fondamentale importanza: quando si ha a che fare con un paziente affetto da demenza, bisogna prediligere la pazienza e la gentilezza.
È essenziale l’utilizzo di frasi semplici e dirette ed è preferibile accompagnare al dialogo una giusta gestualità per aiutare la comprensione.
Gli operatori di Sant’Anna 1984 conoscono bene tutte queste accortezze, infatti hanno sempre dimostrato grande professionalità e competenza in questo campo così delicato.
Grazie ai loro piccoli ma grandi accorgimenti quotidiani, riescono a stabilire un forte legame con l’assistito, aiutandolo a trascorrere le sue giornate nella maniera migliore possibile: con amore, pazienza ed empatia.