La Sindrome da Burnout è definita anche la sindrome del Caregiver perché colpisce principalmente le professioni di aiuto. Questo termine fa riferimento ad uno stato di esaurimento emotivo, fisico e morale spesso causato da un carico eccessivo di stress, tipico di chi si prende cura di persone più fragili.
Il burnout nel caregiver riconosciuto come malattia
Nel 2019 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto il Burnout come “sindrome” e come tale rientra nell’International Classification of Disease, il riferimento globale delle patologie. La Sindrome da Burnout diventa conclamata nel momento in cui si verifica uno stato cronico di stress causato dal proprio lavoro.
I ritmi intensi, le numerose richieste e responsabilità lavorative determinano spesso un importante investimento di energie e risorse che come risultato provocano questa forma di esaurimento. Questo sovraccarico, fisico ed emotivo, può produrre sensazioni di frustrazione e rabbia, che possono influire in maniera negativa anche sulla persona malata da accudire.
Tale Sindrome è molto diffusa tra i caregiver in quanto, come è noto, svolgono un lavoro difficile e con un grande coinvolgimento emotivo, in particolare se il paziente è un membro della famiglia. Questa si presenta nel momento in cui il soggetto si sente sopraffatto e privo di energie e con l’andare del tempo lo stress aumenta e si comincia a perdere interesse verso stimoli emotivi e sociali.
Burnout nel caregiver: come riconoscerlo?
Certo è che non è semplice riconoscere i campanelli di allarme che il corpo invia, ma è vero anche che il burnout non si manifesta da un giorno ad un altro, ma è il risultato di un processo graduale che si sviluppa nel tempo. Non stiamo quindi parlando di episodi di stress e malessere sporadici, ma di veri e propri trend che si ripetono per molto tempo, almeno per qualche mese.
I segnali a cui prestare attenzione per capire se c’è una sindrome da burnout in corso sono i seguenti:
- ogni giorno viene percepito come una giornata negativa;
- prendersi cura della persona viene percepito come uno spreco di tempo;
- costante sensazione di malessere e stanchezza;
- senso di noia costante;
- sensazioni di demotivazione, fallimento e impotenza;
- emicranie frequenti;
- calo dell’autostima;
- tendenza a isolarsi e a rifiutare il contatto con famiglia e a amici.
Nei casi più gravi, questa sindrome può portare a sviluppare anche disturbi del comportamento alimentare o dipendenze da farmaci, sostanze stupefacenti e alcol.
Come affrontare la sindrome da burnout nel caregiver
Non sempre è facile per il caregiver riconoscere di aver bisogno di aiuto, ancor meno richiederlo. Stiamo parlando di una categoria che si occupa di persone fragili e bisognose e che quindi tende a mettere sempre in relazione i propri problemi con quelli della persona che assiste, che al confronto sembrano inezie.
È molto facile per queste persone trascurarsi, non prendersi cura del proprio equilibrio psico-fisico, perché il benessere dell’assistito viene prima di qualunque cosa, specie se si tratta di persone non autosufficienti o con malattie in fase terminale.
Tuttavia, se questo atteggiamento si protrae per troppo tempo, incorrere nella sindrome da burnout è inevitabile, con conseguenze disastrose non solo per il caregiver, ma anche e soprattutto per la persona che accudisce.
Per questo, in casi del genere, è necessario un supporto psicologico mirato a favore del caregiver. Spesso, però, non è facile far accettare questa necessità all’operatore, perché il sentimento che si scatena immediatamente è la colpa per l’abbandono momentaneo del servizio, che porta con sé anche sensazioni di fallimento e di inadeguatezza.
È fondamentale in questo senso il supporto della rete sociale, per alleviare questo senso di colpa e far capire al caregiver che, prendendosi cura di se stesso, riuscirà ad offrire un servizio migliore anche al suo assistito.
È quindi di estrema importanza prendere consapevolezza del disagio che si sta vivendo e capire l’origine del problema per dire stop allo stress e iniziare un percorso che aiuterà a ristabilire un rapporto sano con il proprio lavoro. Questo è un primo grande passo verso la luce del tunnel del burnout, per poi riacquistare, passo dopo passo, l’equilibrio interiore.
Come prevenire il burnout nei caregiver: il metodo di Sant’Anna 1984
Noi di Sant’Anna 1984 siamo ben consapevoli dei rischi a cui i nostri caregiver sono esposti nello svolgimento del loro ruolo di operatori domiciliari. Per questo, il nostro approccio è orientato alla prevenzione del burnout, con varie metodologie.
Prima di tutto, organizziamo sedute individuali con lo psicologo aziendale con cadenza periodica, in modo che tutti gli operatori possano confrontarsi con un professionista e sfogare eventuali disagi.
Oltre a questo, ogni operatore ha un supervisore dedicato pronto a raccogliere qualsiasi tipo di necessità, materiale o emotiva, per fare in modo che il caregiver si trovi sempre nelle condizioni di lavoro ottimale.
Puntiamo inoltre moltissimo sul gruppo, attraverso attività di team building che possano aiutare gli operatori a sentirsi parte di un gruppo unito, condividendo problemi e ansie comuni con i propri colleghi.
Infine, favoriamo un clima di lavoro sereno e rilassato anche la certezza del posto di lavoro e del versamento puntuale dello stipendio.
In generale, incoraggiamo sempre i nostri operatori a:
- ascoltare il proprio corpo e rispettare le proprie esigenze quali sonno, alimentazione e attività fisica;
- definire le priorità, quando la mole di lavoro diventa eccessiva;
- adottare un atteggiamento proattivo;
- condurre uno stile di vita sano.
Rivolgersi quindi a Sant’Anna 1984 vuol dire affidare i propri cari alle cure di operatori sereni ed equilibrati, in grado di prendersi cura al meglio dei loro assistiti.